Giocolerie d’Insonnia

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Il libro Giocolerie d’Insonnia è composto da due raccolte, sostanzialmente concepite con una poetica unitaria, perché riconducibili ad uno smottamento esistenziale di due anni: l’ultimo periodo vissuto a Berlino e il ritorno alla patria spinosa.

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Il libro Giocolerie d’Insonnia è composto da due raccolte, sostanzialmente concepite con una poetica unitaria, perché riconducibili ad uno smottamento esistenziale di due anni: l’ultimo periodo vissuto a Berlino e il ritorno alla patria spinosa.

Sono testi che oscillano, caoticamente irreggimentati, fra prosa poetica e poesia in prosa. Sarai tu, lettore, a valutare quale dei due epifenomeni letterari si sia dichiarato. A me, francamente, della categoria importa quanto a te: nulla.

Sono versi che scarnificano le sovrastrutture, raccontano un vissuto intenso, destabilizzato. Un racconto ferocemente autentico, nonostante la lente visionaria, allucinatoria.

Un flusso di suggestioni surreali e romantiche che solleticano o violentano le viscere, un equilibrio malfermo fra cielo ed organi.

Volevo sporcare il tuo immaginario, renderlo lurido. Mostrarti la genealogia dell’abisso.

Copertina

Morbida

Pagine

84

Dimensione

12×19 cm

Rilegatura

Brossura filo refe

Anno

2022

  1. NanfiSté

    Ho letto quest’opera a piccole dosi, in punta di piedi, ad ogni incalzar del verso travolta e sconvolta da quell’eterna disperazione a cui tutti siamo dannatamente condannati, ovvero l’incapacità di non poter rendere palpabile il dolore.
    Lui, scellerato, “contemporaneo nubivago” come lui stesso si delinea, riesce nell’odisseica impresa, e si erge fieramente in tutta la sua feroce Bellezza, attraverso una raffinatezza stilistica accuratamente esagerata. “Con le corde dell’aedo”, tira il lettore giù, nel precipizio del triste vero, e lo stesso luogo, se vogliamo, ed io ho voluto, diventa un “ritiro”, ove il dolore consola dolore, ove le lacrime asciugano le lacrime “già asciutte della commedia” e laddove quasi straziati ma allo stesso tempo rinfranti, trovano riparo tutte quelle “emorragie senza garze” che scorrono ancora a fiotti nelle nostre vite.
    Cosicché, dovesse anche accadere di intrattenerci giù per la “zolla che non racchiude segreti”, di certo, è da preferire al calpestio monotono. Non si avrà mai la comprensione del piano ideologico dell’autore, e questo lui lo dichiara sin da subito, ma ad ogni modo la sua condotta scomposta, stravagante, disobbediente ed innovativa, affascina e scuote gli animi, e se glielo si concede, conduce persino verso quella stanza “disperatamente reale” ma dentro la quale si può ancora nutrire la speranza di “trovare la pace straziata nel momento del silenzio”. Atto, quest’ultimo, di estrema libertà che mi sono piacevolmente concessa più volte nel flusso della sua poetica. In fin dei conti, sebbene in modo altamente stiloso ed elegantemente contorto e sofisticato, l’autore dichiara, con spavalda umiltà, che ciò che può “è il tesoro dell’uomo semplice”. Perché, come afferma Henry Miller “l’arte non insegna nulla, tranne che a mostrare il senso della vita”. E l’artista, l’aedo, l’Uomo, Diego Nipitella, riesce superbamente a farlo.

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